Monetizzare l’immobile di proprietà

Per monetizzare il proprio immobile di proprietà, le scelte più praticate sono il mutuo di liquidità, la vendita della nuda proprietà o l’accensione del prestito vitalizio ipotecario.

 

Sempre più spesso accade che – in situazioni di crisi economica – una persona possieda come bene principale un immobile e abbia la necessità di monetizzare per sopraggiunte esigenze dovute a fenomeni imprevisti (si pensi, ad esempio, a quelli connessi con il Covid-19), per mantenere inalterato il proprio tenore di vita o per altri motivi.

In queste situazioni, le scelte più praticate sono il mutuo di liquidità, la vendita della nuda proprietà o l’accensione del prestito vitalizio ipotecario.

Il mutuo di liquidità

Il mutuo di liquidità è una particolare forma di finanziamento che permette di ottenere una somma in prestito a fronte della garanzia di un immobile di proprietà. L’importo del finanziamento può giungere fino al 70% del valore e non è necessario dichiarare le modalità di impiego della quota ricevuta. Questo strumento viene usato più frequentemente quando il soggetto richiedente abbia la necessità di dover affrontare una spesa ingente, ma sia anche in grado di far fronte al rimborso con i propri redditi.

Vendita della nuda proprietà

Con la vendita della nuda proprietà e il mantenimento del diritto di usufrutto, il soggetto cedente può cedere la proprietà del proprio immobile, traendone liquidità immediata, e mantenendo allo stesso tempo il diritto di abitarvi vita natural durante. In caso di due venditori, la prassi consiglia di stipulare un atto che preveda la clausola di accrescimento reciproco, che consente all’usufruttuario superstite di avere l’usufrutto a proprio favore sull’intero bene.

La valutazione dell’usufrutto avviene in conformità a tabelle, con dei coefficienti, redatte periodicamente dal Ministero delle Finanze e che servono per il calcolo delle imposte da applicare all’acquirente al momento del trasferimento, basate sulle aspettative di vita statistica in Italia. È evidente che più il soggetto cedente è anziano tanto più il controvalore incassato sarà alto.

Prestito vitalizio ipotecario

Con l’accensione del prestito ipotecario vitalizio un proprietario di età superiore a sessant’anni ottiene un finanziamento da una banca parametrato al valore peritato dell’immobile, mantenendone la proprietà piena. Con questa formula, il mutuatario non è obbligato a corrispondere, durante il suo ciclo di vita, né capitale né interessi (ha comunque una facoltà in questo senso). La scelta se riscattare l’immobile o venderlo sul mercato per saldare il prestito con l’istituto di credito sarà opzionale per gli eredi. Entro 12 mesi dalla morte del mutuatario, la banca potrà vendere l’immobile a un prezzo di mercato, determinato da un perito indipendente, ed estinguere, così, il prestito. Gli eredi, comunque, possono sempre procedere direttamente alla vendita, d’accordo con l’istituto di credito, purché l’operazione si perfezioni entro 12 mesi. Nella prassi, le banche erogano prestiti d’importo variabile compreso tra il 15% e il 50-55% del valore dell’immobile.

Vantaggi e svantaggi dei diversi strumenti

Tutti questi strumenti presentano vantaggi e controindicazioni.

  • Nella vendita della nuda proprietà il controvalore ottenibile è sicuramente superiore rispetto a un finanziamento connesso a un prestito vitalizio. Inoltre si è esenti dal pagamento di eventuali spese straordinarie che dovessero gravare sulla casa. Il prestito ipotecario è dunque meno conveniente, sotto il profilo economico, della vendita della nuda proprietà che consente di potere incassare denaro in misura assai più elevata, qualunque sia l’età del proprietario.
  • La realizzazione della vendita della nuda proprietà, d’altra parte, è un’operazione generalmente più lunga e complessa nella ricerca di un acquirente, soprattutto per persone di età non troppo elevata. Nel prestito vitalizio l’erogazione avviene invece in tempi decisamente più veloci.

Infine, un’annotazione importante in ambito successorio. Qualora i potenziali eredi abbiano ragione di ritenere che il de cuius possa essere coinvolto in contesti debitori, ovvero non conoscere la propria situazione patrimoniale, è meglio procedere con cautela prima di accettare l’eredità.

Infatti, a differenza dei legatari, la cui responsabilità è limitata al valore dei beni/diritti oggetto del legato, gli eredi subentrano nella posizione attiva e passiva del de cuius, una volta accettata l’eredità in modo espresso o anche tacitamente, ovvero attraverso comportamenti attivi o passivi che ne facciano in qualche modo l’accettazione.

Pertanto, qualora il patrimonio ereditario non fosse sufficiente a coprire i debiti del de cuius, gli eredi saranno tenuti a rispondere ai creditori anche con il loro patrimonio (confusione patrimoniale). Per cautelarsi da situazioni non gradite, la legge consente in questi casi, di rinunciare all’eredità o di poterla accettare con beneficio d’inventario (art. 487, c.c.), limitando così la responsabilità al solo patrimonio ereditato.